IL TRONO DI SPADE: COSA NON HA FUNZIONATO?

Sono passati tre giorni da quando ho visto l’ultima puntata del Trono, giorni interminabili, nei quali ho provato a discutere con gli amici del finale cercando di trovarne un senso e facendo un confronto generale sul gradimento dell’ultima stagione.

Davvero una montagna di chiacchiere, durante le quali sentivo di non riuscirmi ad esprimere appieno: se i miei sentimenti di delusione e tristezza erano abbastanza chiari, le mie spiegazioni sul perché l’ultima stagione non mi avesse convinta fino in fondo non mi erano chiare.  

Senza contare che la lettura dei tanti articoli scritti in merito all’argomento non mi era stata di grande aiuto. Ma procediamo con ordine.

Ricordo la prima volta in assoluto che vidi una puntata del Trono di Spade: mi trovavo a casa di un’amica che aveva radunato alcuni conoscenti per passare il pomeriggio -tutta gente a caso per me- ma per qualche motivo andai lo stesso. Non so esattamente chi ne propose la visione (né se la reunion in questione fosse abituale) comunque, mi ritrovai davanti alle scene di Joffrey che, con il suo sorrisetto da matto, si divertiva a tormentare fino alla morte le due prostitute mandate dallo zio Tyrion per farlo acquietare un po’. Non esattamente un bel modo per cominciare.                                          Lo trovai cruento, e così, avendolo visto senza alcun contesto di riferimento, fu per me di poco conto e decisi di non approfondire.

Passarono gli anni.

Non so esattamente Chi, Cosa, Come e Quando, ma in qualche modo, probabilmente spronata dall’alto numero di persone che m’incalzavano con le solite frasi: “Dovresti guardare il Trono di Spade” & “Il Trono è fantastico”, decisi di guardare la prima puntata. Il tempo trascorso aveva affievolito il ricordo della brutalità di Joffrey e, bombardata da continui messaggi positivi, cominciai la visione di buon grado, già preparata psicologicamente al fatto che le prime 2-3 puntate erano “un po’ noiosette”…                  Penso di aver guardato la prima stagione nel giro di una settimana (o forse meno); Il Trono era davvero fantastico come tutti dicevano.

Non ero troppo pratica di serie tv all’epoca: la mia prima e forse unica esperienza significativa fu Lost, una cosa traumatica, il cui solo scopo era farti arrovellare il cervello per sapere se Ben sarebbe riuscito a spostare l’isola in tempo, oppure se Kate avrebbe scelto tra Sawyer o Jack. Dunque, GOT fu per me un nuovo inizio, una serie interessante con cui passare le serate morte, di cui appassionarsi e andare fuori di testa, comprando gadget di ogni genere e videogiochi.                             E, tutto sommato, le prime puntate non mi erano sembrate poi così noiose.

Ricordo di aver guardato una valanga di video meme su YouTube, specialmente le canzoncine su Re Robert: Re Robert vuole il vino, Re Robert vuole mangiare i cinghiali, Re Robert vuole mangiare il vino coi cinghiali… e insomma, la povera Cersei restava a guardare impotente mentre il marito, sempre più grasso e scorbutico, la rendeva la più cornuta dei sette regni.

Vista in quest’ottica, Cersei era l’ennesima donna dell’epoca che veniva venduta come merce di scambio per raggiungere una proficua alleanza tra casate, intrappolata in un matrimonio insoddisfacente e con poco controllo sulla propria vita.                                          Un inizio tragico per una ragazza, così bella ed innocente, così come la vedemmo raffigurata quando la strega Maggy La Rana le rivelò le profezie.                                   In qualche modo, l’esordio narrativo di quella che pensavamo essere la regina dei villain, era molto simile all’inizio narrativo della presunta salvatrice di Essos, Daenerys e della maggiore di casa Stark, Sansa. Tutte quante giovani donne assegnate al miglior offerente per “scopi più alti”.

Ma parliamo di eventi più recenti: le ultime due stagioni.

Il primo cambiamento con cui il fandom ha dovuto fare i conti, è stata la riduzione del numero di puntate per stagione. Se le prime sei erano composte da 10 episodi l’una, la settima è stata ridotta a 7 episodi mentre l’ottava soltanto a 6. E la cosa ci aveva preoccupati molto, nonostante le rassicurazioni sulla durata delle ultime puntate.

Ed avevamo ragione a preoccuparci.                                   

Se dalla 1-6° un corvo impiegava giorni o settimane a giungere a destinazione e gli spostamenti da un territorio ad un altro avvenivano con estrema lentezza, nella 7-8° (es. quando Gendry spedisce il messaggio di aiuto a Daenerys) le tempistiche a cui lo spettatore era stato abituato vengono stravolte. Se la lentezza narrativa (qualche volta eccessiva) delle prime stagioni, rendeva gli eventi convincenti e realistici -facendoci quasi dimenticare che stiamo guardando uno show appositamente creato per intrattenere- la velocità ed i salti temporali eccessivi delle ultime, ha reso le vicende inverosimili e artificiali. “E’ proprio un film!” E’ la classica frase che si dice quando si guarda un programma che fa vedere cazzate troppo grosse per essere possibili nella vita di tutti i giorni: Corvi che sembrano aerei, navi che sembrano aerei, Dothraki che cavalcano veloci come aerei per spostarsi da un continente all’altro. E ancora: navi di Euron Greyjoy che vengono costruite alla velocità della luce, Dothraki e Immacolati che sembravano esser stati decimati nella guerra contro gli Estranei e invece sono ancora numerosissimi, Elefanti non pervenuti, Spettro che praticamente non si vede per tre stagioni, dopo esser stato l’ombra di Jon fin dall’inizio dello show, salvataggio di Yara in stile Assassin’s Creed, uccisione inverosimile di Rhaegal (com’è possibile che nessuno avesse notato le navi di Euron e non avesse dato l’allarme?), Scorpioni di Qyburn sparsi in ogni angolo della città ma mancanza di personale per metterli in funzione, Lord Edmure che compare dopo decenni di prigionia per proporsi come sovrano…

E infine Daario Naharis, che era stato abbandonato a Meeren da Daenerys, dove avrebbe dovuto mantenere la pace in suo nome (ma di fatto non se n’è più avuto notizia).

La grandissima e incommensurabile attenzione di scrittori e sceneggiatori dedicata alle prima stagioni, l’invenzione delle lingue Dothraki e Valyriano, l’attento sviluppo dei personaggi (che ci ha permesso di affezionarci loro quasi fossero persone reali), l’attenzione costante ai particolari, la costruzione dei dialoghi, l’ideazione di scene d’impatto mozzafiato ed i colpi di scena, ci hanno fatto amare questa serie tv, dando vita ad un vero e proprio fenomeno mondiale. Inoltre i blog e i siti di approfondimento in ogni angolo di internet, hanno dato vita alle teorie più disparate -anche in base ai libri- creando un hype gigantesco per il grande finale.

Per anni ci siamo arrovellati il cervello sulle tante teorie: su chi potesse essere la reincarnazione di Azor Ahai, su chi fosse il Valonqar, su una presunta discendenza Targaryen per Tyrion dove, in un immaginario inverosimile ma poetico, ci sarebbe stato un drago per ogni Targaryen rimasto in vita.

La “semplice” serie televisiva con gli anni si è trasformata, diventando parte della nostra quotidianità, quasi come un universo parallelo che abbiamo imparato ad apprezzare e a comprendere nei suoi elementi più bizzarri e socialmente condannabili -come l’incesto-, ma così veri e pieni di passione e sentimento. In un mondo dove la fantasia aveva di gran lunga superato la realtà, lo spettatore si aspettava una sorta di lieto fine o, quantomeno, un finale da considerarsi soddisfacente e desiderava il meglio per la vita di ognuno dei suoi amati personaggi.

L’ascesa al Trono di Sansa come regina di un Nord indipendente fa parte dell’happy ending, ma Bran, ormai non più ragazzo ma entità sul Trono di Spade, ha lasciato in molti straniti. La scelta non è sbagliata: grazie al giovane Corvo l’umanità potrà vivere secoli di pace e prosperità, vedendo instaurata una forma rudimentale di democrazia al posto di un regnante per “diritto di nascita”. Purtroppo, in molti si saranno chiesti se il Corvo con tre occhi avrebbe potuto evitare il massacro ad Approdo del Re: un massacro che non ha prevenuto volontariamente per non modificare il corso degli eventi.

Ma era davvero quello l’unico modo per Bran di salire sul Trono? Il fine ha realmente giustificato i mezzi?

Jon non aveva mai desiderato le responsabilità ed i fardelli gravosi che aveva dovuto sopportare per tutta la vita, voleva solo essere libero. E infondo, mandarlo nuovamente oltre la barriera era la scelta più saggia per concludere il suo arco narrativo (anche se, nelle proprie fantasie, molti di noi avrebbero voluto vederlo regnare).                                                                                                                       Allo stesso tempo, non possiamo far altro che storcere il naso davanti alle grandi contraddizioni nel suo personaggio: Jon ci ha dato prova della sua forza d’animo e del suo senso di giustizia per ben sette stagioni, perché nell’ultima ha un cambiamento repentino? Chiunque si sarebbe accorto della follia delirante di Daenerys, ormai non più protettrice del Regno ma distruttrice di esso, e del mondo, se Jon non l’avesse fermata. Possiamo ipotizzare che sia stato l’amore per lei a renderlo “cieco”, insieme alla confusione emotiva che può aver provato nell’apprendere la parentela che li legava.

Ma da Jon Snow ci aspettavamo di più, ci aspettavamo che agisse prima dell’orribile strage, che il suo senso di giustizia e la sua bontà d’animo avrebbero risolto la situazione prima del tracollo. Come ci aspettavamo una morte diversa per Cersei, più clamorosa, per colei che abbiamo odiato ma anche fortemente ammirato per la sua tenacia e arguzia. Ci aspettavamo la totale redenzione di Jaime, ma chi nasce tondo non può morire quadrato. O, quantomeno, ci aspettavamo che tutte le morti di questi grandi personaggi, conosciuti profondamente in ogni loro aspetto per ben otto stagioni, durassero più di qualche breve frame.

C’era davvero bisogno di rendere Daenerys la più grande villain di tutti i tempi? Non si poteva optare per uno sviluppo narrativo delle vicende differente? La ragazza, che era stata spietata in diverse occasioni, aveva agito con crudeltà solo quando richiesto dalla propria posizione di sovrana, dimostrando di non provare debolezza nei confronti di chi la tradiva o chi era contrario ai principi di libertà che essa proclamava (ad esempio quando crocifisse gli schiavisti). Allo stesso tempo era stata capace di amore ed emotività verso coloro che soffrivano e vivevano un’esistenza ingiusta. Perché renderla la reincarnazione di suo padre facendole scegliere di abbandonarsi alla sua parte più oscura?

Molti di noi si aspettavano la sua uccisione da parte di Jon, ma non nelle circostanze in cui è avvenuta.

Infine il piccolo Tyrion (ma grande), il personaggio più buono e giusto di tutta la saga, l’uomo che più di tutti avrebbe avuto diritto a regnare sul Trono. Perché distruggere il suo personaggio nell’ultima stagione, rendendolo colpevole dell’uccisione di Lord Varys?     Tyrion ha dimostrato pubblicamente il suo pentimento per aver appoggiato Daenerys -gettando la spilletta di Primo Cavaliere- come Jon ha dimostrato il proprio pentimento uccidendola.                      

 Ma purtroppo era già tardi per fare ammenda: entrambi si erano resi colpevoli dello sterminio di un milione di vite innocenti. Vite che non c’entravano nulla con il gioco dei Troni, stroncate dai capricci di due Regine che nemmeno conoscevano.                                                                                                                                             

Osservare queste vicende catartiche e molto lontane dal nostro immaginario ci ha sconvolti, facendo emergere l’artifizio e la ricerca disperata della tragedia -realizzatasi appunto nella distruzione di Approdo del Re da una folle Daenerys-. E così ogni altra azione ed avvenimento che abbiamo visto nell’ottava stagione.                                          Ma allora che senso ha avuto vederla risorgere tra le fiamme con i suoi piccoli draghi? Che senso ha avuto la sua visita alla casa degli eterni? Perché ci è stato fatto credere che fosse un personaggio buono destinato a cambiare il mondo, quando invece le sue manie di grandezza e di controllo l’hanno resa delirante e malvagia? Che senso ha avuto per lo spettatore trascorrere tempo a formulare teorie e speculazioni sulle vicende future, quando esse sono state tutte quante smentite o realizzate per vie traverse inaspettate? (Ad esempio la profezia del Valonqar dava motivo di credere che Cersei sarebbe stata uccisa da un fratello minore con le mani strette al collo, mentre invece le vicende hanno avuto un’accezione del tutto differente.)                        

Inoltre, la velocità di svolgimento delle ultime stagioni non ha dato sufficiente spazio alla riuscita di questa metamorfosi caratteriale nel personaggio di Daenerys.

Ma se nelle fiction ci viene mostrato il lieto fine, o quasi, nella vita reale non è sempre così: spesso, nonostante la nostra natura benevola e genuina, commettiamo errori ai quali non possiamo rimediare (un po’ come Jon e Tyrion), siamo circondati da cattiverie e tragedie di ogni tipo.  Cercare di portare la cruda realtà all’interno dello show -che nelle prime sette stagioni ci aveva indotti a credere in un happy ending, anche grazie ai valori di Daenerys- non ha sortito gli effetti di gradimento auspicati, anzi, paradossalmente ha reso un senso di artificiosità all’ultima stagione.   E’ stato proprio nel tentativo di rendere il Trono più reale di quanto già non fosse che esso ha perduto la sua perfezione.

Concludo parlando di Sandor Clegane e di Arya, personaggi in qualche modo simili.

Ser Clegane, colui che inizialmente era un “cane” agli ordini della corona, decise di riprendere in mano la sua vita andandosene dalla città e manifestando apertamente il suo odio per i Lannister, per i quali aveva compiuto indicibili nefandezze nel corso degli anni.                                 Il Mastino cambia, ma non cambia per davvero. Il suo cuore è alimentato dal desiderio di vendetta per il fratello e la sua vita muove interamente verso l’obiettivo di ucciderlo.                                                                                                                     La piccola Arya è il suo specchio: privata di tutti gli affetti familiari, ella vive alimentata dal desiderio di vendetta, recitando la sua lista ogni sera prima addormentarsi, quasi come una ninna nanna. Arya si è allenata duramente e ha sofferto molto, ma è riuscita comunque a sopravvivere a tutto quello che le è capitato e, come il Mastino, vive esclusivamente aspettando il giorno in cui potrà avere vendetta per la morte del padre.                                                                                                                      La giovane Stark non si è fermata davanti alla guerra, né al sangue, né ad una Daenerys Targaryen tanto folle quanto minacciosa, ma ha proseguito il suo cammino, da Grande Inverno alla Fortezza Rossa per affrontare finalmente Cersei. Ed è a quel punto che Clegane la salva, facendole capire che la sua vendetta, tanto agognata, non vale la sua giovane vita.            

I loro destini, che erano stati intrecciati per molto tempo, si dividono poeticamente: da un lato Sandor, la cui vita è stata un turbinio di malvagità che ormai non ha più significato, dall’altro Arya, il cui percorso e la cui sofferenza troveranno un senso nel futuro (si spera magnifico) che la attende.

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